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Sinner ingiocabile, Alcaraz al tappeto: è una mortificazione

Jannik SInnerSinner ingiocabile, Alcaraz al tappeto: è una mortificazione - campionatistudenteschi.it (screen Youtube)

La rivalità tra Sinner e Alcaraz probabilmente non svanirà mai e anche gli ultimi giorni del 2025 hanno restituito una battaglia a distanza.

Il confronto tra Jannik Sinner e Carlos Alcaraz è ormai diventato il filo conduttore di una generazione che ha riscritto i parametri del tennis mondiale. Due numeri uno, due fuoriclasse precocissimi, due percorsi diversi per carattere, contesto e gestione. Per anni, il dibattito si è concentrato soprattutto sul campo: stili di gioco, superfici preferite, capacità di adattamento, continuità. Negli ultimi mesi, però, l’attenzione si è spostata sempre più spesso fuori dal rettangolo di gioco, sulle scelte che accompagnano la carriera di un campione quando il talento non basta più e diventa fondamentale la struttura che lo circonda. In questo senso, Sinner e Alcaraz rappresentano due modelli quasi opposti. L’azzurro ha costruito la propria crescita con un percorso progressivo e lineare, fatto di decisioni ponderate, spesso silenziose, ma sempre riconducibili a una volontà chiara di autonomia. La separazione da Riccardo Piatti, avvenuta dopo anni di lavoro comune, è stata uno spartiacque: una scelta netta, dolorosa ma necessaria, che ha segnato il passaggio definitivo di Sinner da promessa a progetto maturo. Da lì in avanti, l’ingresso di Simone Vagnozzi e poi di Darren Cahill ha rafforzato l’idea di un giocatore sempre più consapevole, capace di prendersi la responsabilità delle proprie decisioni tecniche e umane.

Dall’altra parte, Alcaraz ha incarnato a lungo l’immagine del campione cresciuto in simbiosi con il suo mentore. Il rapporto con Juan Carlos Ferrero è stato presentato per anni come indissolubile: un binomio perfetto, nato nell’adolescenza e culminato con Slam, record di precocità e la vetta del ranking mondiale. Proprio per questo, l’annuncio della separazione ha avuto un impatto dirompente. Non tanto per la fine in sé di una collaborazione, evento fisiologico nel tennis di alto livello, quanto per il modo e il contesto in cui è maturata. La notizia ha aperto interrogativi profondi sul futuro del campione spagnolo e sulla reale centralità delle sue scelte, lasciando la sensazione che qualcosa si sia incrinato ben oltre il campo.

Maylin smonta Alcaraz e premia Sinner: “Jannik ha scelto, Carlos no”

È su questo punto che si inserisce l’analisi del giornalista Benoit Maylin, che ha acceso ulteriormente la discussione con un confronto diretto e per certi versi impietoso tra i due casi. Li credevamo inseparabili, uniti per sempre – ha spiegato Maylinma il denaro ha deciso diversamente perché è una questione di contratti, di soldi molto grossi. Secondo il giornalista, nel 2025 Alcaraz avrebbe incassato quasi 19 milioni di dollari solo dai tornei, con sponsorizzazioni stimate tra i 32 e i 35 milioni, numeri che avrebbero reso la trattativa sul futuro dello staff tutt’altro che secondaria. Nel racconto di Maylin, il nodo centrale non è però economico in senso stretto, ma decisionale: “Sembra che ci sia stato un profondo disaccordo tra le aspettative di Ferrero per il 2026 e l’agente di Carlos e papà Alcaraz. Il risultato è stato: adios Juan Carlos”. Una dinamica che, sempre secondo il giornalista, avrebbe messo il tennista spagnolo davanti al fatto compiuto, riducendolo a una sorta di spettatore delle trattative che riguardavano il suo stesso percorso.

Alcaraz

Maylin smonta Alcaraz e premia Sinner: “Jannik ha scelto, Carlos no” – campionatistudenteschi.it (screen Youtube)

Ed è qui che arriva il parallelismo più pesante. A titolo di confronto – ha aggiunto Maylin – anche Sinner si è separato dal suo primo allenatore dopo sette anni, ma è stata una sua decisione, non quella del suo agente o di suo padre. Una frase che ha fatto rumore, perché ribalta la percezione pubblica dei due campioni: da un lato l’italiano, dipinto come padrone del proprio destino; dall’altro lo spagnolo, passato per chi non ha scelto con la propria testa. Un confronto che rischia di diventare mortificante per Alcaraz, soprattutto perché arriva in un momento delicato della sua carriera.

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